27 ottobre 2009

Il partito degli onesti



















Capita a tutti, una volta o l'altra, di ammettere di aver torto, nei confronti di un amico, un familiare, un collega. Bisogna raccogliere il proprio orgoglio, metterlo in un angolo e scusarsi, perché capita di non conoscere tutte le implicazioni che una scelta difficile e sofferta può comportare.

Serve talvolta masticare amaro e darsi uno schiaffo sulla coscienza, là dove siamo soliti con la mano coprire solo l'immagine mentale delle nostre mancanze, dei nostri errori, perché si scopre che ciò che si è sempre considerato degno solo del proprio dissenso, ciò che si è sempre considerato null'altro che un concetto errato e anti-storico e chi lo segue una folla senza idee, si scopre essere non solo virtuoso o quantomeno non così negativo come lo si era immaginato, ma anche, per certi versi, pregiato, qualitativamente teso ad esprimere concetti che non sono stati mai contemplati, né discussi.

Non che si fosse dimenticata l'umiltà del riconoscersi inesperti, o ingenui, o la candida volontà di conoscenza del mezzo politico, magari sempre relegato più a parentesi momentanee, stagionali, tutt'altro: la riscoperta di qualcosa che non si sapeva di possedere, unito ad una sincera possibilità di confronto, di dialogo, non fa che portarci ad un livello successivo, ad una maggiore consapevolezza del nostro ruolo di cittadini, di partecipanti all'arte della politica, lasciando quel guscio vuoto di semplici spettatori, completamente indifferenti allo sviluppo e al processo di dinamiche che ci riguardano, in maniera spesso drammaticamente personale, come nel caso del problema dei rifiuti o la sfida sull'ambiente e le energie rinnovabili.

Così si giunge a domandarsi se l'ignavia partitica, nella politica odierna , sia necessariamente un male. Forse occorrerebbe pensare a chi di geniale non ha solo il nome, a chi è già un passo avanti, a quanti si arroccano su un colle a disquisire di simboli, famiglie politiche e di leader.

Si parla spesso di una “maggioranza silenziosa”, di un “paese reale” lontano dai palazzi della politica, lontana dai consensi e dai linguaggi noiosi, da gente abile a discutere di nomine e poltrone.

Ebbene, la gente per bene, la gente da ammirare, parlando di responsabilità, non se ne lava le mani: le scelte importanti, anche impopolari, sono il sale della buona politica. Non ci si prende gioco delle aspettative della gente, altro che elettori e militanti. In quei momenti, l'unico rapporto possibile è quello fra governante e governato, fra chi ha l'opportunità di fare qualcosa e chi gli implora un cambiamento delle proprie condizioni.

Tutto qui? E' questo il significato della buona politica? Fare qualcosa perché la gente chiede qualcosa, smuovere le acque alla ricerca del consenso? No, certo che no.

La politica è servizio, sacrificio. E' un diritto solo quando si vota, è un dovere ogni giorno.

Non si può pensare di essere solo gestori del consenso, non si può pensare di vedere il mandato degli elettori come un mezzo per amministrare il potere, a prescindere da contenuti e forme della politica. Non si può pretendere di fare del bene a colpi di sondaggi o indici di gradimento di questo o quel candidato, scegliendolo in base a chissà quali standard, che forse non rispecchiano neanche troppo fedelmente la società cittadina.

Di leaderismo spesso, si finisce per marcire.

La buona battaglia, la bella politica, si fa scegliendo gli uomini e le donne migliori, si chiede una scelta difficile a chi non ha da guadagnarsi che la soddisfazione di aver fatto del bene per tutti, schivando facili applausi e provvisori consensi e attestati di stima, pronti a dissolversi alla prima mareggiata politica o alla prima brezza di rimpasto.

Diamo valore ad una stretta di mano, diamo valore ad una pacca sulla spalla, ad un ringraziamento sincero. E se il valore reale del cambiamento stia nel superare i conservatorismi che ci impediscono di guardare con serenità al nostro futuro? E se il valore reale del cambiamento stesse nell'affrontare compatti il muro di gomma delle resistenze, ignare di scenari sempre meno pessimistici e sempre più reali?

A chi sceglie di impiegare il suo tempo ogni giorno per combattere le sfide politiche presenti e a chi si prepara ad affrontare al meglio quelle del domani. Grazie.

Per ogni ora notturna strappata al meritato riposo, per ogni cassonetto rovesciato da incivili e rialzato dagli onesti, per ogni muro ripulito ed ogni proposta felice, sapremo, noi comuni cittadini, chi ha a cuore la buona battaglia, chi aspira alla bella politica.

I figli migliori della nostra città non aspirino a lasciarla, le menti migliori non vedano tutto nero, non rinuncino a scorgere orizzonti migliori per una città che finora li vede delusi.

La nostra lezione d'onestà e trasparenza serve a noi stessi ogni giorno, senza cessare mai d'impararla, perché la buona politica non la esprime solo l'indeciso che spinge una scheda nell'urna una volta ogni anno, ma anche e soprattutto chi, credendo nel valore del suo gesto, abbassa alla sera e rialza al mattino la saracinesca del suo negozio, del suo circolo, della sua attività, oggi giorno con più passione, ogni giorno con più speranza.

Loro sono un altro partito, loro non lottano, ma sognano: loro sono gli onesti.

Anonimo Viaggiatore