19 aprile 2013

Il fallimento delle larghe intese

Il 14 aprile scorso si sono tenute le votazioni online dei 10 candidati scelti sul web dai cittadini iscritti al portale del Movimento 5 Stelle per la Presidenza della Repubblica italiana.
Il più votato sarebbe stato il nome che i parlamentari M5S avrebbero portato in aula al voto di ieri, 18 aprile, nome che i cittadini portavoce avrebbero ribadito nelle successive votazioni.

Ma facciamo un passo indietro. I 10 nomi scelti sul web sono stati:

Emma Bonino, Giancarlo Caselli, Dario Fo, Milena Gabanelli, Beppe Grillo, Ferdinando Imposimato, Romano Prodi, Stefano Rodotà, Gino Strada, Gustavo Zagrebelsky.

Grillo si era poi tirato fuori dalla lista per ragioni di opportunità, mostrando il suo completo disinteresse ad occupare qualsiasi carica istituzionale a conferma della sua coerenza.
Dall'ultima votazione, la più suffragata era Milena Gabanelli, secondo Gino Strada e terzo Stefano Rodotà. Al primo posto una giornalista e conduttrice televisiva, nota per essere la conduttrice di Report, forse il più seguito fra i programmi televisivi di giornalismo d'inchiesta, indubbie capacità ed indipendenza da qualsiasi tipo di sistema di potere.

Una gran bella sorpresa per tutti, anche per Beppe Grillo, che si era spinto oltre, invitando Bersani a condividere questo nome per il Quirinale perché sarebbe stato un grande segno di cambiamento per il paese.

Avremmo avuto per la prima volta un Presidente della Repubblica donna, lontana dai partiti, con grande capacità e grande coerenza in quello che fa. E che dire di Gino Strada, fondatore di Emergency, da sempre dalla parte degli ultimi, un medico per curare il nostro malandato Paese? 

A leggere anche solo i primi cinque nomi è forte la garanzia di innovazione e cambiamento: tutti scelti dai 5 Stelle, nessuno imposto dall'alto, la Rete è sovrana.

Quando la Gabanelli decide di non accettare la nomina per continuare a fare il suo lavoro (a conferma, ove fosse necessario, delle sue grandi qualità umane e professionali) e Gino Strada fa lo stesso, per continuare ad occuparsi a tempo pieno di Emergency, tocca a Stefano Rodotà, che accetta. 

Giurista, docente universitario, intellettuale di grande sensibilità, con una lunga esperienza politica, da sempre in prima linea sulle battaglie a tutela dei beni comuni della cittadinanza, fautore di una maggiore partecipazione alla vita politica, che passa inevitabilmente anche da un uso importante delle nuove tecnologie: il miglior candidato possibile per i prossimi sette anni che si preannunciano difficili. 

Volevamo il dialogo, volevamo una scelta responsabile, volevamo e vogliamo Stefano Rodotà come Presidente della Repubblica. La scelta di Bersani e Berlusconi cade invece su Franco Marini, una "scelta condivisa", dai loro gruppi dirigenti.

La spaccatura nel PD è evidente: SEL annuncia di voler votare Rodotà, la riunione serale al teatro Capranica è una bolgia, i democratici vengono fuori con le ossa rotte e la tempesta prorompe in aula al momento delle prime due votazioni.

Il bollettino di guerra del PD parla di una base in rivolta. I democratici guardano al loro orto, i berlusconiani oziano nel nulla delle loro proposte, i montiani sembrano appena arrivati da un altro pianeta.

Il Movimento 5 Stelle è l'unico ad aver espresso una scelta chiara.
Oggi, un presidente a 5 Stelle sembra l'unica cosa certa che la politica italiana è in grado di offrire in questo momento. Stefano Rodotà è un nome che rappresentare tutti gli italiani. Non è un nome "dei Cinque Stelle", come qualcuno finora ha erroneamente riportato. Stefano Rodotà sarebbe un presidente "a Cinque Stelle".

Noi stiamo con Stefano Rodotà!