12 aprile 2012

Il business della beneficenza

È un virus mortale: c'è ma non si vede. Ad Andria, decine di pseudo-eventi, incontri non partitici, cioè organizzati dai partiti, e menestrellate varie continuano a spacciarsi per ciò che non sono neanche lontanamente, cioè "spettacoli di beneficenza". Il bello è che quasi tutti ricevono il patrocinio del Comune.

Per intenderci, voi dareste mai il patrocinio della città ad un evento che come slogan usa «insieme per la beneficenza» ma che destina solo una minuscolissima parte dei 10 euro a biglietto alle opere di carità? Per giunta in merce, non in soldi. Non sia mai, ma è questo il business della beneficenza.

È il caso di "Il mio canto libero show" e dei suoi retroscena di cui potete ampiamente deliziarvi, si fa per dire, nel gruppo Facebook "AndriaSpia". Basta dire che gli stessi organizzatori, o presunti tali, si dicono «schifati». Così come il consigliere comunale di maggioranza che, anche se non si è capito bene di cosa, spiega di essere «a dir poco schifato». Sì, ok, tutti buoni, tutti belli. Ma intanto il patrocinio glielo avete dato proprio voi. E chissà a quant'altra robaccia simile.

E pensare che basterebbe adottare qualche punto di quello che Filippo Galentino, dell'associazione "Vite in ballo" e volontario della casa accoglienza "Santa Maria Goretti", propone come «codice etico per la beneficenza».
  1. Individuazione del beneficiario: chi beneficerà dei fondi raccolti? È di assoluta importanza la chiara e specifica individuazione del destinatario della beneficenza. Per intenderci, dichiarare che i fondi raccolti verranno destinati (esempio) “ai bambini dell’Africa” è piuttosto generico [...]
  2. Metodologia della raccolta dei fondi: L’offerta è libera? È legata all’acquisto di un prodotto/biglietto e quindi ha un prezzo minimo prestabilito? Quali sono le modalità di raccolta e quali i luoghi e le persone deputate alla stessa? Dopo quanto tempo la somma raccolta sarà devoluta all’ente beneficiario? Tutto questo dovrà essere ben chiaro ai potenziali benefattori; 
  3. Rendiconto pubblico di ogni voce in entrata e in uscita: a fine campagna (o comunque a breve scadenza), i promotori dell’iniziativa benefica dovrebbero rendere pubblici i dati della raccolta fondi, il tutto in maniera dettagliata e riscontrabile [...]; 
  4. Determinazione, a priori, della percentuale realmente destinata alla beneficenza: questo è forse il punto più difficile da rispettare ma potrebbe essere un principio a cui tendere, perlomeno. Infatti, se da un lato è innegabile che ci siano delle spese da affrontare per l’organizzazione di un’iniziativa di beneficenza, dall’altro si dovrebbe cercare il più possibile di coprire queste spese con finanziamenti e servizi gratuiti ottenuti da partners (pubblici e/o privati) in modo che tutto il ricavato di una vendita o di una raccolta benefica sia trasferito ai destinatari [...]; 
  5. Coinvolgimento dell'ente beneficiario: A tutela sia del beneficiario che dei benefattori, sarebbe opportuno che un rappresentante dell’ente beneficiario fosse direttamente coinvolto in tutte le fasi di vita dell’iniziativa, avendo contezza di ogni singolo aspetto [...].
Se non altro, eviteremmo la finta beneficenza, le percentuali ridicole di fondi destinati alla solidarietà e lo spettacolo raccapricciante del «tutto a nostra insaputa» di chi poi le porcherie le organizza e vi concede pure il patrocinio. Anche se, pensandoci bene, a che servono queste iniziattive «schifose» quando il Comune, per legge, è tenuto ad attuare politiche sociali?

Che poi tutto sono tranne le misere donazioni alla "Goretti" (25mila euro all'anno), così, giusto per placare il senso di colpa, in teoria. Che a quanto pare si esorcizza rapidamente con l'allegria di alcune "iniziative culturali", tipo il Carnevale (50mila euro in 3 giorni), il concerto della Vanoni (27mila in 1 giorno), e molte altre ancora, fatte passare sistematicamente per «successi di pubblico».

Se questa è «beneficienza», preferisco la nobile dignità dei poveri all'ipocrisia pezzente dei ricchi. Che poi, ricchi sì, ma di cosa?