12 giugno 2012

Memorie di Tienanmen

Se avete più di 20 anni e una curiosità che non si ferma ai confini nazionali, avrete sicuramente visto, almeno una volta, una delle fotografie più famose della storia, scattata a Piazza Tienanmen il 4 Giugno del 1989: un uomo, camicia bianca, pantaloni neri, una busta di plastica al braccio destro, la giacca piegata sul braccio sinistro, si pone davanti a quattro carri armati, quasi ad ordinargli di fermarsi. Sembra uno studente, sicuramente è uno dei tanti manifestanti in piazza in quei giorni assieme a tanti connazionali per chiedere più diritti al governo cinese.

L’occasione è quella della visita diplomatica di Mikhail Gorbaciov a Pechino: è un momento storico per i due colossi comunisti, che cercano una via di riappacificazione dopo anni di tensioni. Gorbaciov è il simbolo del cambiamento per i tanti manifestanti: le parole d’ordine glasnost, trasparenza, e perestrojka, ricostruzione, hanno il sapore di quella modernità che secondo sempre più cinesi il governo del PCC deve adottare.

In Cina, si respira un clima teso: fin dai funerali di Hu Yaobang, dall’aprile del 1989, sempre più cinesi chiedono diritti, riforme, inascoltati. Il governo cinese cerca di calmare gli animi con le maniere forti. Ma la protesta cresce, incurante dei tentativi di spegnerla da parte delle forze dell’ordine cinesi. I manifestanti vengono accusati di eversione, di complottare contro lo Stato, ma la campagna di delegittimazione serve a poco.

In tanti, fra i dirigenti di partito cinesi, vacillano davanti al numero sempre crescente di manifestanti. A venire in soccorso del potere centrale è il grande vecchio del PCC, Deng Xiaoping. È lui a condannare i manifestanti, prima con alcuni articoli che hanno il sapore dell’anatema e poi con le “cattive”, con la proclamazione della legge marziale. La legge del regime viene fatta rispettare con i carri armati, fino all’immagine che tutti conosciamo.

L’uomo misterioso, lo studente, il manifestante che blocca i carri armati, ferma per un momento l’insensata escalation della tensione. La foto viene scattata da lontano, a circa 1 km dalla piazza: il luogo della rivoluzione, il monumento a tutto ciò che significa la Repubblica Popolare, è bloccata, sigillata dalle forze dell’ordine. Le forze dell’ordine limiteranno dal giorno dopo la copertura mediatica dell’accaduto. Ciò che possiamo solo immaginare è quello che succede nelle strade laterali, nelle immediate vicinanze della piazza sgomberata. Non ci saranno mai dati ufficiali su eventuali morti, sui feriti. Non lo sapremo mai. Non sapremo mai con certezza il nome del manifestante capace di fermare con una mano tre carri armati.

Ancora oggi, dopo più di vent’anni, in Cina, ma anche in Grecia, in Italia, seppur con le dovute differenze, abbiamo bisogno di trasparenza e ricostruzione, alla ricerca di quella verità e quei diritti che mai come oggi ci sembrano lontani. Dove non arrivano le telecamere, le fotografie, non arriva la verità, l’informazione. Dove non sopravvivono testimoni, non c’è memoria. Una delle poche tracce di quei giorni del 1989, è la foto dello studente misterioso. God bless the rebels.


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