19 luglio 2013

Anche se ci si crede assolti

Non è facile vivere e comprendere il periodo storico che stiamo attraversando. Sono diverse le chiavi di lettura che gli economisti, i politici e gli addetti ai lavori tentano di darci per cercare di rispondere a quelle domande che sorgono spontanee, soprattutto a chi si trova a vivere questa situazione quotidianamente. Una fra tutte: come ci siamo arrivati?

Mentre qualcuno tenta di rispondere, dall'altra parte c’è chi subisce le conseguenze di questa attesa e affronta ogni giorno situazioni difficili. Ma è giusto accettare passivamente una situazione causata da errori di altri? È giusto continuare a legittimare le scelte politiche di questa classe dirigente?

A volte penso che la storia ci abbia lasciato un patrimonio troppo importante perché si possa ignorarlo. Se ascoltassimo più attentamente la nostra memoria, forse riusciremmo a dare a noi stessi quelle risposte che tanti "esperti", oggi, non riescono a fornirci. Nelson Mandela, ad esempio, che ha lottato in prima linea per la liberazione del Sudafrica dall'oppressione dell’apartheid, diceva che ognuno di noi dovrebbe rispondere alla propria coscienza, prima che alle leggi dell’uomo. Esse infatti, non sempre sono giuste e non sempre tengono conto dei diritti fondamentali di ognuno di noi.

C'è dunque un primato della legge rispetto alla giustizia? Abbiamo il dovere di opporci, civilmente, pacificamente, ad un sistema che ci opprime e non ci permette di rispondere alla nostra coscienza? Si parla tanto di disobbedienza civile. Ma non sarà che invece quella voce di opposizione che denuncia un governo ingiusto e proclama una società più umana, che rispetta i nostri diritti e la nostra libertà, è proprio ciò che dobbiamo creare?

Certo, ogni vicenda, con il suo momento storico, la sua popolazione, le sue lotte e le sue perdite, rimane unica e non paragonabile. Ma abbiamo comunque il dovere di non dimenticare quelli che sono gli insegnamenti morali e umani che ognuna di queste storie è riuscita a lasciarci, i segni tangibili del cambiamento, messi in atto da uomini coraggiosi, con un alto senso di giustizia, di civiltà e di umanità. È importante ricordarlo soprattutto per non ripetere gli stessi errori, facendo pagare le conseguenze anche alle generazioni future.

Senza timore di fare paragoni difficili, penso ai NO TAV che lottano per difendere il proprio territorio, penso ai cittadini di Taranto che difendono il diritto alla salute e al lavoro, agli studenti che protestano in piazza per rivendicare il diritto allo studio, ai genitori di Stefano Cucchi, di Federico Aldrovandi, che aspettano giustizia per i propri figli, strappati dal diritto più importante, quello alla vita. Sono solo alcune delle lotte più importanti, le nostre attuali “disobbedienze civili”, le proteste che molto spesso finiscono per essere ignorate o represse con i manganelli e le botte, o peggio ancora, offendono la memoria e la nostra intelligenza con la promulgazione di leggi ignobili.

Quante altre ingiustizie continuiamo a subire in silenzio? Quante leggi e persone senza pudore e rispetto vedremo passarci davanti, incuranti della nostra opinione e condizione?

Nelson Mandela ha lottato per far sì che ci fosse una Costituzione che unisse il popolo sudafricano, la voce di tanti un'unica voce, due nazioni, un solo Paese, unità e pace. Forse è ciò che a noi manca. Una comunità, senza differenze. Ci manca pensare che i diritti violati in una città o in una famiglia dovrebbero riguardar tutti, dovrebbero passare sotto quella voce, unica, indivisibile.

Qualche giorno fa è accaduto un fatto grave, uno dei tanti che ormai negli ultimi tempi ci ha portato ad essere quasi assuefatti a certe situazioni: un Parlamento delegittimato, una democrazia sospesa e svuotata del suo ruolo più importante, quello di essere garante dei diritti fondamentali di tutti i cittadini, ogni giorno. Non si tratta di difendere i diritti violati di una persona, ma di abusare del proprio ruolo politico per oscurare le proprie colpe per privilegi personali, a discapito dell'interesse comune, soprattutto se il soggetto in questione ha cercato per anni di ignorare e calpestare la Costituzione.

Anche in questo caso, Madiba avrebbe da insegnarci qualcosa. La sua storia, quella del suo popolo, ci ricorderebbe quanto sia importante instaurare la verità, spingere coloro che commettono qualsiasi tipo di crimine a farsi avanti, ad ammettere i propri errori, a riconoscerli e a chiedere scusa. Mi piacerebbe che tutti gli italiani gridassero questo a gran voce: ammettete le vostre colpe, chiedete scusa al popolo italiano, rimettete gli incarichi che ricoprite e che tanto avete macchiato di vergogna in questi anni e lasciate lavorare coloro che realmente hanno a cuore l’interesse del Paese.

Nessuna punizione forse basterebbe a restituirci tutto quello che abbiamo perso, ma forse riuscirebbe a restituirci gran parte della dignità che ci è stata tolta. Il perdono, dice Mandela, libera l’anima e cancella la paura. Ma non ci può essere perdono senza prima il riconoscimento delle proprie colpe.

Rossella Lopetuso