12 luglio 2013

Dove non si fermano i treni

Qualche giorno fa abbiamo chiesto lumi al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, On. Maurizio Lupi (PDL), per farci capire come mai sono stati ridotti gli investimenti sulla mobilità su rotaia nelle regioni meridionali. Il punto di partenza è stato l'appello del quotidiano "La Gazzetta del Mezzogiorno": abbiamo voluto dare seguito alle proposte del giornale per interessare il Ministero della questione dell'Alta Velocità sulla dorsale adriatica.

È chiaro che un investimento volto a migliorare questo tipo di impianto sul versante tirrenico e nell'area del centro - nord ha consentito lo sviluppo di un circolo virtuoso, in pochissimo tempo. Nonostante alcuni problemi, si è aperto il mercato agli operatori privati, si è determinato un aumento diffuso della qualità del servizio, un miglioramento dei tempi di percorrenza, una maggiore competizione sulle tariffe e, ovviamente, quello che ci interessa di più: un potenziamento dell'offerta su rotaia. In linea con gli standard europei, l'effetto è stato quello di ritornare a considerare questo tipo di mobilità come il vettore principale su distanze fino a 800 km.

Lo stato attuale della dorsale adriatica, invece, ci pare caratterizzato da alcune criticità, che si trascinano da anni: nessun impianto per l'Alta Velocità, apparati tecnologici obsoleti, materiali rotabili usurati, tratte ancora incredibilmente a binario unico che attraversano zone ad alto rischio idro - geologico. Lo scenario generale è quello di un abituale disarmo, di una cronica superficialità nella risoluzione dei problemi.

In queste condizioni, è impossibile attrarre nuovi investimenti: risulta troppo costoso inserirsi in questo tipo di mercato, chiuso a qualsiasi dinamica competitiva. C'è di più: l'offerta di treni sulle tratte in questione è in continua diminuzione e sempre più utenti scelgono l'aereo o, peggio, il trasporto privato su gomma, anche sulle distanze vicine o superiori ai 1000 km.

Conosciamo la generale condizione di crisi, che non permette i cospicui investimenti che sarebbero necessari per uno sviluppo completo della linea ed una maggiore rispondenza alle esigenze degli utenti. Possiamo, però, cominciare dalla programmazione: già da oggi si potrebbero ridurre di un'ora e quindici minuti i tempi di viaggio sulla linea ferroviaria Milano - Pescara - Bari, se si utilizzassero treni idonei a fruire dell'Alta Velocità esistente tra Milano e Bologna e che possano procedere ad una velocità superiore anche a sud del capoluogo emiliano, lungo la linea Adriatica, grazie all'assetto variabile. In questo caso, ad esempio, i tempi di viaggio Milano - Bari si ridurrebbero a circa 6 ore e mezza, Milano - Foggia a 5 ore e mezza e Milano - Pescara a meno di 4 ore.

Il Ministero ha già a disposizione uno studio completo che prevede interventi di ammodernamento tecnologico, lievi correzioni di curve ed il raddoppio del binario tra Termoli e Lesina, misure che consentirebbero di incrementare la velocità di linea e raggiungere prestazioni analoghe a quelle dell'alta capacità. Si tratta di interventi immediati, il cui valore, stimato intorno al miliardo di euro, è assolutamente sostenibile. Perché non cominciare, ad esempio, dal potenziamento del sistema tecnologico di segnalamento, per innalzare la velocità massima in rettilineo a 200 km/h? Solo questo intervento costerebbe circa 100 - 200 milioni di euro, una spesa assolutamente compatibile con le risorse attualmente disponibili.

Questi interventi sono in larga misura già progettati, realizzabili in un arco temporale relativamente breve, ma con un impatto tempestivo: portando la velocità di percorrenza a circa 200-220 km/h, si avrebbe una decurtazione dei tempi di quasi un’ora da Lecce a Bologna, rendendo immediatamente competitivo il trasporto ferroviario.

La nostra richiesta va nella direzione di intraprendere l'attuazione (così come evidenziato dalla Gazzetta del Mezzogiorno) degli interventi finora descritti, limitati nel budget e nelle aree di intervento, ma che consentono di apportare un graduale miglioramento delle condizioni della linea ferroviaria adriatica, le cui condizioni attuali rappresentano un ostacolo al pieno sviluppo della mobilità interregionale al Sud.